Gasdotto e rigassificatore per mandare gas dal Canada alla Cina non s'ha da fare
Lo stato dell'Oregon, cittadini ed indigeni si sono tutti opposti in coro
E invece e oggi la sede di un altra vittoria delle proteste dei cittadini.
Questa ennesima opera petrolifera doveva essere costruita dalla Pembina, una ditta canadese con sede a Calgary, che voleva mandare a Jordan Cove gas naturale da mandare poi per via nave in Cina.
Jordan Cove sarebbe stato il piu’ grande emettitore di gas serra di tutto l’Oregon.
La Pembina aveva dei permessi preliminari fra cui il diritto di eseguire degli espropri dato dal governo centrale. E invece, qualche giorno fa e dopo 10 anni, quelli della Pembina, si sono arresi e hanno abbandonato l’opera.
Motivo? L’Oregon gli si e’ messo di traverso e non gli ha dato i permessi. Gli impatti all’ambiente sarebbero stati troppo forti, la gente era arrabbiata, nessuno voleva gli espropri, e ovviamente l’opera sarebbe stata un’altra mazzata per l’ambiente.
Ci sono stati tanti tira e molla: lo stato dell’Oregon, cittadini e tribu’ indiane hanno protestato e hanno fatto assieme appello e pressione al governo centrale nel corso di questi lunghi dieci anni. E cosi’ la stessa Pembina si e’ arresa.
Ovviamente i petrolieri dicono che avrebbero portato lavoro, energia “pulita” e felicita’ a tutti, ma come sempre nessuno gli ha creduto.
Perche’ racconto questa storia di terre lontane? Perche’ ancora una volta mostra il segreto delle vittorie ambientali: obiettivi precisi, persistenza, informazione, unione fra cittadini e autorita’ locali, l’agire *prima* che arrivino e non dopo. E’ una ricetta infallibile, io credo, specie l’agire prima.
Queste opere (trivelle, centrali a gas, raffinerie, nucleare, ILVA) sono essenzialmente irreversibili nel corso delle nostre vite, nel senso che se svaniranno mai dalla faccia della terra sara’ dopo 50 o 100 anni che sono state costruite, e le uniche chances che si hanno di fermarle, se non in casi rarissimi (e spesso dopo incidenti gravi), e’ prima che vengano fatte.
Spero che l’amico Cingolani legga tutte queste cose e si renda conto di quanto anacronistico sia a riempire l’Italia di fossili di ogni genere.