Il Costa Rica raddoppia le sue foreste in 30 anni
Gli incentivi ai residenti per la riforestazione, pagati con tasse sul petrolio, hanno funzionato.
Ormai le virtu’ ambientali del Costa Rica le conosciamo tutti: la sua elettricita’ da vari anni e quasi al 100% fatta di energia rinnovabile, sono dei pionieri della conservazione e della biodiversita’, e stanno anche lavorando ad una economia (per quanto piccola) al 100% libera da petrolio, plastica ed emissioni di CO2. Assieme alla Danimarca, il Costa Rica e’ stato fondatore di BOGA, l’alleanza che vuole unire nazioni intere a fermare le trivelle adesso e subito.
Insomma, se ci fossero dei santi del’ambiente fra le nazioni, sarebbero loro.
Ed ecco un altro tassello su sui sono anni luce avanti a noi: la riforestazione.
Nel 1940 il territorio nazionale era coperto per il 75% da foresta tropicale. Poi per quarant’anni fino al 1980 ci fu il taglio selvaggio degli alberi per favorire l’industria del legname, per l’agricoltura e per l’allevamento del bestiame. Il tasso di deforestazione era tra i piu’ alti dell’America Latina.
Nel 1983 si era arrivati al 23% di territorio nazionale coperto da foresta, un terzo di quello che c’era nel 1940.
Occorreva far qualcosa, e cosi in Costa Rica si sono stati da fare e sono stati creativi.
Nel 1996 hanno vietato per legge qualsiasi tipo di taglio di alberi nelle foreste e nel 1997 hanno deciso di compensare i residenti per la riforestazione con incentivi pagati direttamente dal Ministro dell’Ambiente e dell’Energia (Cingolani dove sei?), e con fondi che arrivano dalle tasse sul petrolio (!) e da donazioni internazionali.
Cioe’ se riforestavi, e avevi cura della terra, ti pagavano, usando le tasse dei petrolieri.
Nel frattempo hanno cercato per quanto possibile di creare dal nulla una economia basata sull’ecoturismo, sulla bellezza e su una agricoltura sostenibile, non fatta di monocoluture e di enormi piantagioni, quanto di rispetto della terra e di biodiversita’.
Tutto questo ha portato ad un aumento di due volte e mezzo la superficie forestale in meno di 40 anni. Dal 23% del 1983 siamo ora al 60% del territorio nazionale coperato da foreste.
Lande desolate dedite al pascolo sono diventate foreste con frutti tropicali, uccelli colorati e specie rare, dove la gente coltiva ananas, peperoni e quanto basta per vivere, e che allo stesso tempo sono meta di eco-turisti, biologi e studiosi di vario genere. Il turismo assieme ai fondi statali rende il tutto economicamente vantaggioso per i residenti.
Si contano almeno 500,000 specie animali e vegetali nel paese.
Gli esperti dicono che la carta vincente e’ stato il coinvolgimento dei residenti, con gli incentivi economici. In poche parole la foresta e’ stata vista come fonte di ricchezza, di progresso personale grazie agli incentivi e questo ha fatto si non solo che gli alberi non fossero piu’ abbattuti ma che ne fossero piantati di nuovi.
La giungla, selvaggia, libera, bella e’ tornata.
I pagamenti sono gestiti dall’ente nazionale foreste, che si chiama FONAFIFO e che offre 64 dollari l’anno per ettaro. In piu’ e’ permesso vendere legna in modo selettivo: cioe’ l’ente forestale decide quali alberi possono essere abbattuti per sfoltire la foresta allo stesso tempo dando reddito agli abitanti.
In 20 anni sono stati elargiti 500 milioni di dollari ai residenti, e sono stati piantati 7 milioni di alberi nuovi.
Molte famiglie sono passate dalla poverta’ al ceto medio grazie alla foresta.
Intanto il turismo e’ scoppiato. La gente non vuole vedere piu’ cemento e resort, ma alberi e natura e scelgono il Costa Rica per farlo. Il paese ha 5 milioni di abitanti e prima del covid arrivavano qui ogni anno 3 milioni di turisti, per la maggior parte ecoturisti. E questi spendono, e danno lavoro a 200,000 persone, e generano l’8% del PIL nazionale.
Come ci sono riusciti?
Il ministro dell’Ambiente e dell’Energia (Cingolani ci sei?) del Costa Rica, Carlos Manuel Rodríguez dice che i metodi sono semplici, le idee non rivoluzionarie, e che si puo’ fare dappertutto. Quello che ci vuole sono principi e valori, democrazia funzionale, rispetto per la natura e per la gente, e istruzione.
Ecco.
Di tutta questa storia quello che a me colpisce di piu’ e’ che l’equivalente del nostro Roberto Cingolani (e di tutti quelli che l’hanno preceduto) mettano delle tasse sul petrolio per pagare i contadini per piantare alberi e che lo facciano da quasi 35 anni. Pare lineare, invece e’ inaudito. Ce lo vediamo Cingolani tassare l’ENI per le foreste? Noi siamo davvero anni luce indietro, con un ministro che non parla (e non fa) mai nulla per la difesa della natura, per piantare alberi, per la bellezza, per aiutare i contadini.
E no, il nucleare non conta.
Quanti terreni incolti ci sono in Italia?
Sarebbe cosi difficile inventarsi incentivi anche da noi?
Ma qual’e’ poi lo scopo del Ministero della Transizione Ecologica di Cingolani?